Un concerto sinfonico con musiche di Gioachino Rossini, Wolfgang Amadeus Mozart e Ludwig van Beethoven, progetto realizzato dalla Fondazione Teatro Carlo Felice in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio.
Sul podio il maestro Dorian Wilson, alla guida del solista al pianoforte Marco Vincenzi e dell’Orchestra dell’Opera Carlo Felice Genova. Insieme ai brani di Rossini e Mozart, è in particolare la Sinfonia n. 7 di Beethoven che ci riconduce al mondo della danza, è infatti celebre il pensiero che Wagner dedicò a questa musica: «Coscienti di noi stessi, ovunque ci inoltriamo al ritmo audace di questa danza delle sfere a misura d’uomo. Questa Sinfonia è l’apoteosi stessa della danza., è la danza, nella sua essenza più sublime».
GIOACHINO ROSSINI
Sinfonia da Il barbiere di Siviglia
WOLFGANG AMADEUS MOZART
Concerto per pianoforte e orchestra n. 27 in si bemolle maggiore K 595
LUDWIG VAN BEETHOVEN
Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92
Pianoforte
Marco Vincenzi
Direttore
Dorian Wilson
Orchestra
Opera Carlo Felice Genova
Il barbiere di Siviglia è uno dei capisaldi della tradizione lirica buffa italiana. Composto da Gioachino Rossini in sole tre settimane, e nonostante lo scarso successo della prima, il titolo venne in breve tempo ripreso. Come la grande maggioranza delle sinfonie d’apertura delle opere di Rossini, anche la sinfonia d’apertura del Barbiere è presto diventata popolarissima anche in veste di brano da concerto, venendo quindi eseguita in forma autonoma. In realtà la prima sinfonia del Barbiere, quella eseguita durante la rappresentazione al Teatro Argentina di Roma il 20 febbraio 1816, venne sostituita da un’altra sinfonica – poi consacrata dalla tradizione – originalmente composta per l’opera Aureliano in Palmira del 1813. La struttura della Sinfonia è simile alle altre rossiniane, con una lenta introduzione a cui seguono i due temi dell’Allegro, senza un vero e proprio sviluppo ma incentrata sulla vivace affermazione melodica che porta direttamente alla coda finale. All’incredibile talento di Rossini nel creare ouverture che catturano immediatamente l’ascoltatore – sia nella funzione originale di introduzione all’opera, sia nella versione sinfonica autonoma – si deve il grande successo di questa Sinfonia d’apertura.
La composizione del Concerto per pianoforte e orchestra K. 595 iniziò attorno al 1788 e terminò nel 1791, anno della morte di Mozart. Anche per esigenze esecutive, il Concerto ha un organico e una durata ridotti, oscillando quasi tra il sinfonico e il cameristico. Questo aspetto gioca un ruolo significativo nel carattere intimistico della composizione. La scrittura contrappuntistica conferisce al dialogo tra pianoforte e orchestra un sensibile equilibrio, che viene però in un certo modo scosso dai frequenti passaggi dalla tonalità maggiore alla tonalità minore. Se il pianoforte sostiene un ruolo di eloquente chiarezza, è principalmente l’orchestra a insinuare un’atmosfera più turbata e riflessiva. Il Concerto si compone di tre movimenti: l’Allegro in forma-sonata, il Larghetto che riprende la forma del Lied e l’Allegro finale in forma di rondò. È molto evidente un senso di continuità tra i tre movimenti, in cui il dialogo tra solista e tutti non viene interrotto. In tutti e tre i movimenti fioriscono idee melodiche di grande ispirazione, nel Larghetto Mozart impiega come tema centrale una melodia dalla Fedeltà premiata di Haydn, amplificandone ogni sfumatura emotiva; anche nell’Allegro finale il compositore prende in prestito un tema esterno, in questo caso proprio, da un Lied coevo al Concerto K. 595: Sehnsucht nach dem Frühling (Nostalgia di primavera).
La Settima Sinfonia di Beethoven risale al 1811-12, e venne eseguita per la prima volta nel dicembre del 1813. Sin dalla prima esecuzione fu chiaro che si trattasse di un brano rivoluzionario. Da un lato, il pubblico ne fu rapito (in particolare dal secondo movimento, Allegretto), dall’altro la critica non mancò di sottolineare quanto questa Sinfonia fosse fuori dalle righe, fino a sembrare composta da un pazzo o da un ubriaco. L’aspetto ritmico è il principale snodo attraverso il quale avviene lo stravolgimento degli schemi canonici. È il ritmo concitato del Vivace del primo movimento a orientare l’ascolto più della forma sonata; è il ritmo pulsante e implacabile a determinare il carattere tragico e solenne del secondo movimento, Allegretto, che sostituisce il più tradizionale Andante; è ancora il ritmo a trascinare l’ascoltatore attraverso il Presto e fino all’Allegro con brio, più danzanti che mai. Ed è proprio questo ritmo a creare l’associazione wagneriana tra la Settima e la danza, associazione ormai radicata nell’immaginario collettivo. Scriveva Wagner: «Coscienti di noi stessi, ovunque ci inoltriamo al ritmo audace di questa danza delle sfere a misura d’uomo. Questa Sinfonia è l’apoteosi stessa della danza, è la danza nella sua essenza più sublime, l’azione del corpo tradotta in suoni per così dire ideali». Al protagonismo ritmico Beethoven associa l’intensa saturazione della scrittura orchestrale, più che mai densa e ricca di contrasti accentuati. Chiarissimo esempio ne è l’accordo finale del primo movimento in la maggiore, seguito dal perentorio accordo iniziale in la minore, un passaggio senza precedenti nella totale assenza di mediazione.
Ludovica Gelpi